Potrebbe sembrare una domanda provocatoria, ma sono invece convinto che la lettura e lo studio dei classici greci e latini (poeti, storici, filosofi, artisti e scienziati) oggi, in un momento della nostra storia, caratterizzato da elementi di incertezza e di disorientamento (anche per la tragedia del Covid-19, alla quale si è aggiunta la grave e fratricida guerra tra Ucraina e Russia scoppiata il 24 febbraio 2022), sia un rimedio efficace e un salutare antidoto.
Rispetto, infatti, al senso di fragilità, di provvisorietà e di angoscia che si percepisce intorno a noi, osservatori preoccupati e traumatizzati dalla sanguinosa guerra in corso, i classici costituiscono un punto di riferimento e un approdo sicuro per il ritrovamento e il recupero di quei valori (permanenti, immutabili ed universali) che sembrano essere improvvisamente volati via, ma che sono fondamentali per dare alla vita un significato profondo e per renderla degna di essere pienamente vissuta.
Questi valori sono la razionalità, la saggezza, lo spirito critico, l’equilibrio, il senso dell’ordine e dell’armonia, che sono l’espressione dell’anima, per così dire, apollinea del mondo classico e che sono in contrapposizione con la dimensione dionisiaca, caratterizzata da elementi di inquietudine e di irrequietezza, ma anch’essa variamente in esso presente.
Di una cosa, però, si può esser certi leggendo i classici; del fatto, cioè, che la riflessione dei grandi del passato avviene non sulle banalità, ma sui grandi temi della vita: sulla gioia, sull’amore, sul dolore e sulla morte; temi che saranno successivamente ripresi ed ampliati.
Sono stati, infatti, i tragici greci (Eschilo, Sofocle ed Euripide), prima di Sigmund Freud, a porre l’attenzione e ad indagare sulle tortuosità e sugli abissi dell’anima umana e sul conflitto tra le ragioni del cuore e il rispetto delle leggi.
È stato Tucidide, anticipando Machiavelli, a distinguere tra morale e politica e a mettere l’accento sulle dure e rigorose leggi della politica rispetto, in particolare, alla costruzione e al mantenimento di uno Stato.
È stato Giovenale, prima di Zola, a rappresentare nelle sue Satire la corruzione, i vizi e gli orrori delle città.
È stato Platone a fare della filosofia un tema originale per un’opera d’arte ed è stato Aristotele ad “ancorare” il pensiero alle ferree leggi della logica e ad estenderlo a tutte le scienze.
Sono stati soprattutto Virgilio, Catullo e Saffo a dar voce, il primo ai sentimenti dell’amore e alla sublimità della sofferenza e del dolore, gli altri due all’amore come fonte di gioia, ma anche come tormento, passione travolgente e odio, così anticipando molta letteratura moderna su queste complesse tematiche.
È stato Seneca il primo ad esprimere una ferma condanna contro l’istituto giuridico della schiavitù; e potrei continuare, citando uno per uno tutti i grandi del passato sottolineandone gli aspetti di continuità e di universalità, ma non voglio farla lunga.
Dico solo che ci è stato consegnato un immenso patrimonio di arte, di storia e di cultura che dobbiamo, prima di ogni altra cosa, conoscere, ma che abbiamo soprattutto il dovere di conservare con amore e rispetto per poterlo tramandare alle future generazioni.
a mio avviso il processo di “selezione naturale” si applica anche con le opere letterarie e filosofiche.
molte sono andate perdute (non sono state più “trasmesse”) perché avevano perduto la loro capacità di parlarci, ispirarci, consolarci, guidarci, incoraggiarci, guarirci.
i “classici” invece hanno resistito al passaggio generazionale tutti questi anni è perché non hanno ancora finito la loro opera salvifica.
"Mi piace""Mi piace"
Sono completamente d’ accordo con te. Un grazie di cuore.
"Mi piace"Piace a 1 persona