Ripubblico questo articolo perchè, visti i tempi che corrono, lo ritengo di grande attualità.
Come è ben noto, a partire dagli anni ’70 il mondo islamico è stato attraversato da una serie di profonde e radicali trasformazioni.
La prima di queste trasformazioni riguarda l’aumento vertiginoso della popolazione: una vera esplosione delle nascite che ha fatto e fa dell’Islam una tra le principali religioni del mondo, con un numero di fedeli (quasi due miliardi) composta essenzialmente da giovani.
La rinnovata religiosità e la conseguente necessità di saper leggere il Corano, hanno poi avviato uno straordinario processo di alfabetizzazione che ha investito tutte le comunità islamiche.
Un altro dato della complessità di questo mondo riguarda la divisione dei musulmani in Sunniti e Sciiti: una divisione lacerante caratterizzata da un odio implacabile degli uni verso gli altri.
Ci sono infine, a rendere più complesso questo mondo, quelle forme estremistiche, estremamente pericolose ma per fortuna minoritarie che si esprimono nelle forme più radicali e militanti di movimenti che rifiutano ogni dialogo col mondo moderno e che hanno come unico obiettivo quello della conquista del potere per rivoluzionare la società e imporvi la legge di Allāh.
Ma c’è nel caos di questo mondo un punto, per me discriminante, che riguarda la natura e l’essenza stessa dell’Islam. Questo punto è il concetto di Gihād che letteralmente significa lotta, impegno, sforzo per realizzare se stessi e diffondere la parola di Allāh; diffusione che può anche avvenire con la guerra ed è per questo che di solito Gihād viene tradotto/a con guerra santa.
Quest’ultima è per i musulmani un dovere ribadito in parecchi passi del Corano nei quali si afferma che questa guerra è molto gradita agli occhi di Allāh e che tutti i caduti in difesa della fede saranno considerati martiri e saranno immediatamente accolti nel Paradiso, descritto dal Corano come un luogo pieno di piaceri terreni e ricco di ogni bene: di frutti, di giardini, di fontane e allietato dalla presenza di belle e avvenenti fanciulle.
Io non so con quale altra espressione possa essere tradotto il termine Gihād; penso solo che la diffusione della fede per mezzo della violenza, nelle sue varie forme, sia cosa irragionevole.
E in ciò concordo pienamente con quanto sostenuto da Benedetto XVI nel famoso discorso di Ratisbona (settembre 2006): “La guerra santa è irragionevole, non agire secondo ragione è contrario a Dio; la violenza è in contrasto con la natura dell’anima”.
Poi il grande pontefice citava le parole del dialogo che l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo ebbe nel 1391 con un intellettuale persiano su “Cristianesimo e Islam” nel quale si esprimeva un giudizio negativo sull’Islam considerata una religione che si imponeva con la forza.
Questo giudizio non era assolutamente piaciuto ai fedeli musulmani e aveva addirittura provocato, come è ben noto, un putiferio costringendo il pontefice a fare,come si dice, marcia indietro e a chiedere scusa al mondo islamico, sostenendo che il suo pensiero era stato travisato.
Ma, a parte questo “incidente”, si deve onestamente riconoscere che il dialogo col mondo islamico, per quanto oggettivamente difficile, debba essere considerato un elemento fondamentale per la pacifica convivenza tra i due mondi e dovrà pertanto continuare.
Oggi, la presenza nei paesi del mondo occidentale di fedeli islamici, non rappresenta un pericolo o una minaccia; andrebbe piuttosto vista come un fatto culturale, un’occasione per gettare le basi di un futuro e pacifico dialogo. Ma fra cento anni, quando la popolazione musulmana, al tasso crescente delle nascite, diventerà maggioritaria e occuperà, con le sue Moschee, con i suoi luoghi di culto e con i suoi centri culturali, gran parte dei paesi occidentali, qualche problema si dovrà pur porre.
Io spero e mi auguro che prevalga il buon senso e si faccia strada uno spirito nuovo, di tolleranza e di collaborazione. Dopo tutto, viviamo in un mondo che diventa ogni giorno sempre più piccolo, per cui dobbiamo abituarci a convivere pacificamente, rispettandoci a vicenda perché nessuno di noi è perfetto ma, come scrive Voltaire, “siamo tutti deboli, incoerenti, soggetti all’incostanza e all’errore”.
Argomento di indubbia conflittualità, che mi trova pienamente d’accordo con il pensiero di Papa Benedetto.
Non ho molto da commentare in quanto condivido pienamente, le argomentazioni e le “pacifiche” conclusioni dell’articolo, che mi è molto piaciuto!!!
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Ho letto solo ora il tuo commento sull’articolo e ti ringrazio di cuore anche per le belle e sagge parole da te usate.
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